Patologie trattate

Complicanze e inconvenienti della chirurgia per emorroidi

Complicanze precoci

Sono quelle che compaiono entro il primo mese e sono rappresentate dal sanguinamento, dolore, ritenzione urinaria, ritenzione fecale, stenosi anali precoci, infezioni e crisi edematoso-congestizie.

Il sanguinamento è una complicanza frequente che può presentarsi in due momenti del postoperatorio: se compare entro i primi 2-3 giorni indica generalmente l'allentamento del punto di legatura sul peduncolo vascolare.

Si tratta di una complicanza che richiede il reintervento immediato per l'entità dell'emorragia che così si determina. Se si verifica dopo 10-12 giorni indica la caduta di un'escara. In questo caso è generalmente sufficiente posizionare un tampone di garza endoanale a scopo compressivo. Solo raramente è necessario eseguire delle coagulazioni al bisturi elettrico o posizionare dei punti di sutura se il capillare lasciato scoperto dalla caduta dell'escara è di dimensioni maggiori.

Un'altra causa di sanguinamento può essere inoltre legato al passaggio di feci particolarmente solide e voluminose che vanno a traumatizzare il letto della ferita creando delle lacerazioni. Il sanguinamento è comunque una complicanza che il malato vive con disagio psicologico importante. La presenza della contrazione sfinteriale impedisce infatti al sangue di fuoriuscire in tempo reale per cui si accumula in ampolla rettale fino a quando è in grado di evocare lo stimolo all'evacuazione che avviene con l'emissione di sue abbondanti quantità.

Il dolore è un sintomo che accompagna sempre gli interventi chirurgici e la regione anale non ne è esclusa. Va però distinto il dolore legato all'intervento vero e proprio, per la presenza dei punti di legatura del peduncolo vascolare, per la cicatrice, per il passaggio delle feci e per le trazioni muscolari sottostanti, da un dolore legato alle possibili complicanze: la suppurazione e l'ascesso, lo scorretto posizionamento dei puniti legatura con sovvertimento dell'architettura anale, le lacerazioni muco-cutanee dopo evacuazioni difficili.

I trascorsi della chirurgia proctologica hanno creato dei fantasmi nell'immaginario collettivo per cui il paziente si presenta all'intervento con un grado di paura e tensione emotiva molto forte e questo condiziona molto la sensibilità al dolore nel post-operatorio. 

La ritenzione urinaria è spesso un sintomo che accompagna la patologia proctologica anche in assenza di intervento chirurgico. Si sa infatti che la ragade anale in fase acuta infatti può essere causa di ritenzione urinaria e il dolore anale del postoperatorio è responsabile di disuria (la difficoltà ad urinare) nel 25% dei pazienti operati con ritenzione vera e propria e necessità di cateterismo uretrovescicale nel 5% dei casi.

La giustificazione di questo fatto risiede nel fatto che l'innervazione motoria del canale anale, della vescica e degli organi genitali riconosce un plesso comune, l'ipogastrico, con possibili interazioni funzionali tra questi organi. Si tratta comunque di fenomeni transitori che si risolvono generalmente spontaneamente in pochi giorni.

La ritenzione fecale è molto comune. I pazienti che vengono sottoposti ad intervento di emorroidectomia hanno spesso disturbi dell'evacuazione o una vera e propria stipsi, anche grave. Dopo l'intervento la situazione si aggrava per la presenza del dolore anale, per la paura di causare lesioni in sede di intervento e per la modificazione delle abitudini di vita legate all'ospedalizzazione. La somministrazione di blandi lassativi dal giorno dell'intervento fino alla guarigione consente di evitare questo problema e solo in pochi casi il disturbo persiste per molti giorni anche dopo la dimissione.

In questo caso possono formarsi veri e propri fecalomi (ammassi di feci solide) che sono ignorati dal paziente e spesso confusi con una forma diarroica dell'alvo: le poche feci che passano sono quelle liquide dell'ultima ora che transitano attorno ad una massa fecale solida occupante l'intera ampolla e rendendo impossibile qualsiasi forma di accumulo. Questo condiziona il paziente ad assumere dosi inferiori di lassativo aggravando la situazione. È pertanto necessario in questi casi eseguire numerosi enteroclismi evacuativi preceduti, quando necessario, dalla rottura digitale delle feci.

Le complicanze infettive, con suppurazione, febbre e ascessualizzazioni, sono abbastanza rare e si presentano con maggiore frequenza nelle emorroidectomie chiuse dove non esiste cioè un drenaggio della secrezioni che inevitabilmente si formano. Eccezionale è la complicanza infettiva con flebite.

Nell'immediato postoperatorio può comparire anche una incontinenza transitoria a gas e feci liquide. La rimozione del tessuto emorroidario rimuove inevitabilmente anche la mucosa anale sensibile con una transitoria incapacità a discriminare il passaggio di feci e gas. Inoltre viene a mancare, con il tessuto asportato, la perfetta chiusura dell'orifizio anale che abbiamo visto essere garantita dalle emorroidi non patologiche.

 

Complicanze tardive

Tra le complicanze tardive c'è una incontinenza che persiste per più tempo ed è generalmente dovuta alla scorretta esecuzione dell'intervento con il mancato rispetto della muscolatura sfinteriale anale. Altre complicanze a comparsa tardiva sono il dolore e la stasi fecale.

Anche in questi casi il motivo della sequela va ricercato nella scorretta esecuzione dell'intervento con il mancato rispetto dell'architettura del canale anale. Le trazioni sulla mucosa che ne derivano sono causa di dolore e insensibilità con le conseguenze descritte. La stenosi tardiva è una complicanza che si presenta con una certa frequenza.

Il rispetto della simmetria del canale anale e dei ponti cutaneo-mucosi è una garanzia di elasticità del canale anale. In alcuni casi però, la tecnica chirurgica scorretta o le lesioni di queste strutture nel postoperatorio creano delle cicatrici anomale con restringimenti cutanei. La prevenzione di questa complicanza consiste nell'utilizzo di dilatatori anali durante le fasi della guarigione con conformazione corretta della cicatrice.

Le visite di controllo eseguite con la giusta frequenza sono la premessa indispensabile per prevenire questa fastidiosa complicanza la cui soluzione è peraltro semplice e rappresentata da una anoplastica cutanea.

Un caso particolare di questa complicanza è rappresentato dal cheloide, ossia una cicatrice esuberante con perdita dell'elasticità dei tessuti. Tutti i pazienti candidati all'intervento chirurgico dovrebbero essere intervistati sul decorso di precedenti cicatrici. È evidente che un cheloide in questa zona avrebbe conseguenze molto gravi.

Se la comparsa è imprevista bisogna intervenire, oltre che con visite frequenti e uso continuo di dilatatori anali, con iniezioni sottocutanee di idrocortisone eseguite una volta al mese in dosi di 1 ml per volta. Dosi maggiori vanno evitate per il rischio di necrosi cutanee.

Altre possibili complicanze sono l'ectropion (o "eversione anale"), cioè l'abbassamento eccessivo della mucosa con perdita della sensibilità della parte cutanea anale, perdite mucose o fecali e irritazione perianale. E' una complicanza che si osserva frequentemente dopo l'intervento di Whitehead e di Langenbeck.

Questa complicanza è stato il principale motivo per cui si sono progressivamente abbandonati questi interventi e, in sua presenza, si può procedere con una legatura elastica che elimini l'ectropion, se questo è localizzato, o con un avanzamento cutaneo bilaterale con due lembi a V-Y (intervento di Saraffof) se è esteso.

Possiamo quindi concludere dicendo che la patologia emorroidaria deve essere trattata con terapia chirurgica solo quando i provvedimenti conservativi, non abbiano dato i risultati sperati bisogna inoltre avere la certezza che la patologia emorroidaria sia l'unica causa della sintomatologia e della clinica. 

Gli esami complementari, quali la rettosigmoidoscpia e RX clisma opaco a doppio contrasto o la pancolonscopia devono sempre essere richiesti primi dell'intervento quando non esiste la certezza della responsabilità emorroidaria del sanguinamento. Ancora oggi vengono misconosciute neoplasie del sigma in pazienti operati per "emorroidi sanguinanti".

Inoltre bisogna valutare la disponibilità psicologica del paziente e la reale necessità di un intervento che, per quanto codificato e di apparentemente semplice esecuzione, presenta, come tutti gli interventi chirurgici, possibili complicanze e conseguenze.

È quindi indicato l'intervento chirurgico in pazienti con:

  • emorroidi interne di 2° grado se causa di grande disagio al paziente e nonostante la terapia    conservativa
  • emorroidi interne di 3° e 4° grado con prolasso voluminoso permanente o difficilmente riducibile  ma soprattutto sintomatiche;
  • sanguinamento emorroidario cronico e con anemizzazione secondaria insensibile ai trattamenti  strumentali ambulatoriali;
  • insuccessi di precedenti trattamenti conservativi;
  • controindicazioni all'esecuzione di trattamenti conservativi: trombosi, papilliti, criptiti;
  • trombosi emorroidaria circolare irriducibile e trombosi del prolasso.

 

 

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